NON SONO DIO RECENSIONI
NON SONO DIO
GIUSY FEDERICI, MENSILE IL VIGILE DEL FUOCO, 1/2015
Una scrittura ritmica, a tratti nervosa, che tiene il lettore con il fiato sospeso, con la voglia di girare le pagine, vedere come va
a finire. Arriva dopo Mai più Concordia il nuovo libro di Luca Cari, Non sono Dio - Cronache di Pompieri e di Fuoco Nemico, edito
da Stampa Alternativa. Luca Cari è il responsabile della Comunicazione d'emergenza del Dipartimento dei Vigili del Fuoco. Non
sono Dio è un romanzo, ma molto sui generis, per il linguaccio usato e per l'impostazione nel presentarci la vita e il lavoro di
Lelio, il protagonista. Vari i racconti e gli episodi di soccorso ai quali si intreccia la vita privata di questo Vigile del Fuoco dal
carattere difficile, con quella difficoltà nel dovere e volere gestire gestire tutto e bene, un "in & out" dell'esistenza. Lelio è il filo
conduttore di questi momenti, di quando bisogna sbrigarsi a rianimare un bambino che ti muore tra le braccia, a portare in
salvo feriti e annegati, a mettere in sicurezza un edificio pericolante. Un lavoro da fare in squadra, tante braccia che si muovono
all'unisono di un solo corpo, eppure ognuno con un ruolo ben definito. E poi la fatica, la gioia quando l'impresa riesce, l'angoscia
quando avviene il contrario e il sapersi distaccare dal dolore altrui, perché così deve essere, perché non si può soccorrere il
soccorritore. Lelio, scrive il giornalista Massimo Lugli nella prefazione, "è un antieroe per eccellenza". Il personaggio è inventato,
Cari lo sottolinea, così come lo sono le sue azioni professionali, che però prendono spunto da fatti di cronaca reali, alcuni
anonimi, altri molto più noti come l'incendio nell'oleificio a Campello o il crollo della basilica di Assisi dopo il terremoto.
"Frammenti autentici, mescolati e ricomposti in quadri che non rappresentano quelli d'origine. Lo dico per onestà, perché mai
vorrei che si finisca per scambiare la simulazione per la cosa vera, non vi sono riferimenti a persone viventi o a situazioni
accadute", dice Cari alla fine del libro ma precisa, anche, che "a dare veridicità ai racconti è la durezza dei fatti, lasciati sfogare
in un registro narrativo spietato e sincero. Capita questo negli incendi, nei terremoti, negli incidenti stradali o nelle esplosioni, sono queste le emozioni, le gioie, i dolori e le paure dei protagonoisti che le vivono". Per i dettagli tecnici, osserva l'autore, "è stato difficile trovare un compromesso accettabile tra le esigenze del racconto e quelle di una fedele ricostruzione, un risultato per il quale i pompieri dovranno chiudere benevolmente un occhio". Se Lelio è un personaggio inventato, la sua crisi umana descritta in queste pagine "evidenzia la complessità psicologica di un lavoro come quello del Vigile del Fuoco". Luca Cari lo spiega molto bene, visto il ruolo che ricopre all'interno del Corpo dei VV.F. e che gli permette, allo stesso tempo, di esserne collega e di ammirarli quasi da osservatore esterno. "Gettarsi sui corpi vivi per spegnerne le fiamme che li divorano, sentire orme e donne latrare come animali e invocare una salvezza che non sempre si riesce a dare, sono momenti che un soccorritore assorbe e che si vanno a stratificare in profondità". Non è vero che si diventa indifferenti, che ci si abitua, da qualche parte restano, allo stesso modo come rimangono dentro e per sempre le emozioni indescrivibili di quando si riesce a strappare qualcuno alla morte. "Sensazioni prepotenti, rovesci della medaglia di un mestiere micidiale, luci e ombre che convivono dal primo fino all'ultimo giorno della carriera di un Vigile del Fuoco". Entrare nei dettagli della trama sarebbe come anticipare il finale di un giallo che, fin dalla prima pagina, ci sorprende e ci rende partecipi. Farlo non sarebbe corretto nei confronti del lettore, che è giusto si goda il libro fino in fondo, seppure con un fondo di amaro. probabilmente molti colleghi si riconosceranno in Lelio, perché a molti di loro sarà capitato, una o più volte nella vita di soccorritori, di alzare gli occhi al cielo, imprecare ed esclamare: "...non dono Dio!". L'autore dedica il libro a tutti i Vigili del Fuoco, "per quello che gli vedo fare dal 1993".
NON SONO DIO
MENSILE SPECCHIO ECONOMICO, APRILE 2015
Raccontare un «mestiere micidiale» come quello del pompiere in un romanzo figlio della cronaca; è la
scommessa tentata e vinta da Luca Cari, responsabile della comunicazione dei Vigili del Fuoco, con «Non sono
Dio» (Stampa Alternativa), seconda prova narrativa dopo il libro dedicato alla tragedia della Concordia. Il
protagonista del romanzo, Lelio, capo della squadra 9C, «soldato sempre in guerra» contro i molti nemici che il
destino, con in più la colpevole approssimazione dell’uomo, gli frappongono quotidianamente, resta
intrappolato in un appartamento divorato dalle fiamme e ripercorre in un doloroso flashback alcuni degli
interventi di una vita in prima linea: la richiesta disperata di aiuto di una giovane incastrata tra le lamiere
dell’auto, il gemito della bimba strappata ad un pozzo di campagna, l’urlo della donna sepolta dal fango, ma
anche e soprattutto i tanti individui consumati dal fuoco, schiacciati dalle macerie, travolti dall’acqua.
Diventare «sensibili al dolore del proprio lavoro» è un lusso che un vigile del fuoco non può permettersi, un
pericolo che l’indebolisce nella sua azione, ma la verità è che le fiamme, i veleni, i crolli, le alluvioni e i
terremoti non solo divorano vite e fanno scempio di corpi ma, giorno dopo giorno, si prendono pezzetti
d’anima di chi cerca di sbarrargli la strada, incrinano certezze, alimentano domande senza risposta. «Non è
vero che si diventa indifferenti, che ci si abitua al dolore», assicura Cari. E il suo Lelio ne è la prova, perché alla tragedia delle molte vite che, suo malgrado, non riesce a salvare - da qui il grido disperato e rabbioso che dà il titolo al libro - si intreccia un dramma personale che lo spinge ad una scelta estrema di cui non si sarebbe mai creduto capace.
LIBRI: 'NON SONO DIO', STORIE DI POMPIERI-EROI RACCONTATE DA LUCA CARI
Il responsabile della comunicazione del dipartimento dei Vigili del Fuoco racconta le emozioni degli uomini in divisa
ADNKRONOS, 16/11/2014
Roma, 16 nov. (AdnKronos) - Storie di vita e di morte che ogni giorno affrontano, da
uomini e da eroi i vigili del fuoco raccontate da Luca Cari nel libro "Non sono Dio.
Cronache di pompieri e di fuoco nemico". Le vicende che compongono questo libro
sono quelle che persone come Lelio, un caposquadra dei vigili del fuoco, si trovano ad
affrontare in ogni momento con professionalità e umanità ma soprattutto con coraggio.
Sono storie fatte di fuoco, terremoti, persone in fin di vita e bambini vittime di incidenti.
Una realtà brutale che Lelio racconta attraverso alcune sue esperienze. Come quella
notte di sabato, quando da un'auto una voce di ragazza gli chiese aiuto: "Tirami fuori di
qui, non farmi morire". Quella richiesta fu per Lelio un cazzotto allo stomaco. Che fare?
Una corsa contro il tempo, una lotta tra le emozioni e la paura di fallire, soprattutto
quando scopri che quella donna è incinta. Le attività professionali di Lelio sono un'invenzione ma prendono spunto da vicende reali, raccontate con i dettagli e la veridicità dei fatti di cronaca che Cari, responsabile della comunicazione del dipartimento dei Vigili del Fuoco, si è trovato a gestire nel corso degli anni. Come quando il protagonista immaginario, richiamato da un miagolio, pensò di aiutare un gattino nascosto nel cofano di un'auto, ma si trovò di fronte il dramma di una ragazzina di tredici anni, muta, sorda e stuprata. Ma Lelio ricorda anche la morte di Valeriano, il sacerdote rimasto sotto le pietre del tetto squarciato della basilica di San Francesco crollata durante il terribile terremoto. Un corpo martoriato, racconta, ma un viso integro e sorridente illuminato da un raggio di sole che penetrava dal tetto squarciato mentre una mano di Lelio cercava di ripulirlo dalla polvere che lo aveva sporcato. Storie di vite spezzate, di quotidiana sofferenza che ogni vigile del fuoco pur affermando, "Non sono Dio", quel Dio lo invoca e lo prega ogni volta che è chiamato a salvare una vita.
LIBRI: "NON SONO DIO", CRONACHE DI POMPIERI E DI FUOCO NEMICO
STEFANO BARRICELLI, AGI, 29/11/2014
(AGI) - Roma, 29 nov. - Raccontare un "mestiere micidiale" come quello del
pompiere in un romanzo figlio della cronaca, un mix consapevole di verità e
finzione capace di rendere ogni storia non solo verosimile ma soprattutto
drammaticamente simile a tante altre. E’ la scommessa tentata e vinta da Luca Cari,
responsabile della comunicazione dei vigili del fuoco, con "Non sono Dio"
(Stampa Alternativa), seconda prova narrativa dopo il libro dedicato alla
tragedia della Concordia. Lelio, capo della squadra 9C, "soldato sempre in
guerra" contro i molti nemici che il destino, e piu' la colpevole approssimazione
dell'uomo, gli frappongono quotidianamente, resta intrappolato in un
appartamento divorato dalle fiamme e ripercorre in un doloroso rosario di flashback alcuni degli interventi di una vita in prima linea: la richiesta disperata di aiuto della giovane incastrata tra le lamiere dell'auto, il gemito della bimba strappata ad un pozzo di campagna, l'urlo della donna semisepolta dal fango, ma anche e soprattutto i tanti - uomini, donne e bambini - consumati dal fuoco, avvelenati dai gas, schiacciati dalle macerie, travolti dall'acqua. Diventare "sensibili al dolore del proprio lavoro" e' un lusso che un vigile del fuoco non puo' permettersi, un pericolo che lo indebolisce nella sua azione ma la verita' - che Lelio conosce bene, come ogni suo collega - e' che le fiamme, i veleni, i crolli, le alluvioni e i terremoti non solo divorano vite e fanno scempio di corpi ma, giorno dopo giorno, si prendono pezzetti d'anima di chi cerca di sbarrargli la strada, incrinano certezze, alimentano domande senza risposta. "Non e' vero che si diventa indifferenti", che "ci si abitua al dolore" assicura Cari. E il suo Lelio ne e' la prova, perche' alla tragedia delle molte vite che, suo malgrado, non riesce a salvare (da qui il grido disperato e rabbioso che da' titolo al libro) si intreccia un dramma personale che lo allontana dai compagni, gli fa rinnegare il "gioco di squadra" essenziale per un lavoro come questo e lo spinge ad una scelta estrema di cui non si sarebbe mai creduto capace. E' la storia nella storia che fa da fil rouge al volume, ne prepara lo spiazzante epilogo e fa di "Non sono Dio" quello che Massimo Lugli nella sua prefazione definisce un libro "strano e indimenticabile".
CASCO ROSSO AVANTI NEL BUIO: POMPIERI IN AZIONE TRA VITA MORTE E GIUSTIZIA
FELICE LAUDADIO, SOLOLIBRI.NET, 13/12/2014
Un pugno nello stomaco, che però non provoca dolore, anzi, fa bene. Incidenti, tragedie e vite in pericolo gettate addosso ai
lettori, ma la sensibilità del soccorritore e la sua partecipazione umana al dolore delle vittime scaldano il cuore. Non è un
libro facile “Non sono Dio” (Stampa Alternativa, collana Eretica, 142 pagine 13 euro), ma è un libro vero, come è vero il suo
autore, vigile del fuoco di mestiere, Luca Cari, responsabile comunicazione del Dipartimento d’Emergenza del Corpo.
“Cronache di pompieri e di fuoco nemico” anticipa il sottotitolo. Proprio così: fiamme ostili, avide di vite; crolli devastanti, che
frantumano corpi umani, li sotterrano sotto una polvere bianca che invade i polmoni e toglie il respiro; vampe di esplosioni
che consumano l’aria e sciolgono la pelle; quegli sguardi di tutte le persone soccorse ma non sopravvissute, che il
protagonista, caposquadra cocciuto e temerario di una immaginaria 9C, crede tornino ad accusarlo di non averle salvate.
Quei volti Lelio se li porta dentro e lo spingono a lottare con ancora più ostinazione contro il destino, contro la morte, contro
le scelte di qualcuno là sopra: questo viva, questi no, brucino vivi, siano sciolti dal fuoco, asfissiati, schiacciati dalle macerie,
anche se bambini, anche se innocenti. Il dolore strappa a morsi pezzi d’anima: la prima emergenza raccontata da Lelio è
esemplare, in avvio di questo romanzo, una fiction che prende spunto da noti episodi reali di cronaca nazionale, riconoscibili
in filigrana seguendo l’azione della squadra. Suona la campana. Giù dalla pertica. Via sull’autopompa. Un intervento per un
incidente stradale si trasforma come sempre in un film dell’orrore. Aiutatemi, non farmi morire. La ragazza è incastrata nella
sua utilitaria. Sangue dalla bocca, dalle orecchie, dappertutto. Lelio, non lasciarmi morire, tirami, fuori, aiuta mio figlio. È
incinta. Resisti Silvia. Le vittime chiamano per nome i vigili del fuoco (spesso facendogli male, aggiunge Luca). Anche i
“pompieri” danno del tu alle persone che soccorrono, si rivolgono loro come ad esseri umani, degni di rispetto e non oggetti,
non l’ennesima pratica da sbrigare, non un numero di letto o una malattia, come in molti ospedali. Lelio tira un gran pugno in
faccia, col guanto di servizio, al bastardo assassino coi jeans attillati, i muscoli palestrati e una gran quantità di alcol nel
sangue, che non ha rispettato uno STOP di notte e ha travolto l’auto della ragazza. È come se dietro quel “cazzotto” liberatorio
ci fossero tutti i lettori. Un sabato sbagliato come un altro, ma questa volta quel fighetto in fuoristrada non lo metterà in
archivio facilmente, dovrà passare dal chirurgo estetico, un setto nasale non si può ricomprare dal concessionario come un SUV. Vai, pompie’, il naso si è rotto nell’incidente dice il poliziotto, dopo aver faticato a calmare il vigile coi colleghi.
'NON SONO DIO' DI L. CARI: STORIE DI POMPIERI E DI ORDINARIO CORAGGIO
NINO ESPOSITO, ASKANEWS, 13/12/2014
Roma, 13 dic. (askanews) - Storie di vita e di morte, di ordinario
coraggio, dei vigili del fuoco. E' la trama della seconda prova narrativa
di Luca Cari, dal titolo 'Non sono Dio. Cronache di pompieri e di fuoco
nemico" (edizione Stampa Alternativa). Le storie narrate da Luca Cari,
responsabile della comunicazione dei Vigili del Fuoco, sono quelle di
uomini come Lelio, un caposquadra, che si trova insieme ai suoi
compagni ad affrontare ogni giorno, piccole e grandi emergenze. Non
solo la lotta contro il fuoco. Incidenti stradali, terremoti, alluvioni,
eventi che in ogni istante della giornata scandiscono il lavoro e il ritmo
della vita di un pompiere e richiedono non solo una grande professionalità e sangue freddo ma anche una sconfinata umanità. Ed è proprio questa umanità, insieme alla passione e ai sentimenti, anche quelli più crudi, che emergono con forza dalle storie di questi uomini raccontate con maestria da Luca Cari. Lelio è un caposquadra, un 'soldato sempre in guerra' ogni giorno contro i molti nemici che il destino e la colpevole approssimazione degli uomini gli frappongono quotidianamente. L'urlo disperato della ragazza incinta intrappolata tra le lamiere dell'auto. Le vittime, uomini, domem bambine consumati dalle fiamme, avvelenati dal gas, sepolti dalle macerie, travolti dall'acqua. Sono tra le vicende, drammatiche e umane, del libro. "Non è vero che si diventa indifferenti" e "che ci si abitua al dolore", dice Cari. Ed è vero. Lo fa capire proprio Lelio con le sue esperienze sul campo e il suo dramma personale che finiscono per intrecciarsi. Il libro di Luca Cari va dritto al cuore e al cervello. Alla fine, si capisce - se ce ne fosse bisogno - perchè i pompieri, persone come noi che hanno scelto un mestiere così rischioso e imprevedibile, siano tanto amati dai cittadini italiani.
UN LIBRO SULLE ‘CRONACHE DI POMPIERI’ DI LUCA CARI, RACCONTA LA LORO ABNEGAZIONE CONTRO IL ‘FUOCO NEMICO’
GIULIA NEMIZ GREGORY, DOSSIER SICUREZZA, NOVEMBRE/DICEMBRE 2015
Il responsabile della comunicazione nelle emergenze del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, Luca Cari, racconta
emozioni di donne e uomini in divisa che, strenuamente e spesso senza sosta alcuna, nelle tragedie che esplodono
anche per un nonnulla o nelle calamità naturali, offrono tutta la loro abnegazione nei soccorsi a tante vite in pericolo.
Raccontare un ‘mestiere micidiale’ come quello del pompiere in un romanzo figlio della cronaca è la scommessa
tentata e vinta da Luca Cari, responsabile del Dipartimento "Comunicazione in emergenza" del Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco. Il libro è la seconda prova narrativa dell’autore, dopo quello dedicato anni fa alla tragedia della
Concordia all'isola del Giglio, dal titolo “Mai più Concordia”.
In questo nuovo romanzo, centrato sulla vita dei pompieri, l'autore narra la storia del protagonista, Lelio, capo della
squadra 9C, “soldato sempre in guerra” contro i molti nemici che il destino, con in più la colpevole
approssimazione dell’uomo, gli frappongono quotidianamente: in una sua pericolosa avventura di lavoro resta
intrappolato in un appartamento divorato dalle fiamme e ripercorre in un doloroso flashback alcuni degli interventi
di una vita in prima linea: la richiesta disperata di aiuto di una giovane incastrata tra le lamiere dell’auto, il gemito della bimba strappata ad un pozzo di campagna, l’urlo della donna sepolta dal fango ma anche, e soprattutto, i tanti individui consumati dal fuoco, schiacciati dalle macerie, travolti dall’acqua. Il diventare «sensibili al dolore del proprio lavoro» è un lusso che un vigile del fuoco non si può permettere, un pericolo che lo indebolisce nella sua azione, ma la verità è che le fiamme, i veleni, i crolli, le alluvioni e i terremoti non solo divorano vite e fanno scempio di corpi ma, giorno dopo giorno, si prendono pure pezzetti d’anima di chi cerca di sbarrar loro la strada, incrinano certezze e suscitano domande per le quali non esiste risposta. “Non è vero che si diventa indifferenti, che ci si abitua al dolore», assicura Cari. E il suo ‘Lelio’ ne è la prova, perché alla tragedia delle molte vite che, suo malgrado, non riesce a salvare - da qui il grido disperato e rabbioso che dà il titolo al libro - si intreccia un dramma personale che lo spinge a una scelta estrema di cui non si sarebbe mai creduto capace. È questa una frase rivelatrice, forse addirittura un riassunto in due righe della lunga serie di storie che si intrecciano nella narrazione. Lelio, caposquadra dei vigili del fuoco, è proprio un soldato sempre in guerra.
I suoi nemici si chiamano fiamme, fumo, acqua, fango, macerie, esplosioni, terremoti, cianuro che si sprigiona dall’imbottitura di un divano che brucia, vapori velenosi, edifici pericolanti, tetti e pareti che crollano, schiacciano, imprigionano. Le sue armi sono l’ascia, l'idrante, il piccone, il divaricatore, le cesoie, il cuscino vetter (un potente sollevatore pesi ad aria compressa per liberare, ad esempio, persone incastrate sotto automobili, alberi, travi), la bombola d’ossigeno. Come ogni guerriero, Lelio brucia la sua vita al massimo, una lotta quotidiana sincopata solo da brevi pause, adrenalina al galoppo, terrore puro, abnegazione assoluta. Vita e morte in un attimo, la sua e quella degli altri. Difficile trovare una definizione che possa essere più pertinente per quest’opera: dalla prefazione di Massimo Lugli, di Repubblica, si evince che essa non è solo un romanzo, ma anche una raccolta di racconti mai slegati ma tenuti insieme da un filo conduttore, quello che nella tecnica della sceneggiatura televisiva si definisce "linea gialla", una storia nella storia che si sviluppa all’inizio e si chiude nel modo più drammatico nelle ultime pagine. Antieroe noir per eccellenza, umbratile, ondivago, angosciato, tormentato, Lelio si abbandona, occasionalmente, a scatti di violenza che mettono in pericolo non solo lui, protagonista, ma anche qualcuno dei suoi colleghi che, ogni giorno, affrontano i rischi con lui, fianco a fianco. L’uno sostiene, o si fa forza con l’altro. E uno degli elementi più forti di queste pagine è proprio l’amicizia fraterna, il legame indistruttibile, inviolabile, di chi fa un lavoro estremo come quello del pompiere. Un’armonia che non si può incrinare, la stessa dei massicci protagonisti delle falangi spartane che combattevano all’unisono, scontri all’arma bianca dove la forza fisica era elemento centrale: il crollo di un singolo poteva diventare catastrofe per tutti. Tutti marciano con sincronia, il passo è studiato e non deve essere concitato e il coraggio temerario di un "mangiafuoco" può essere più pericoloso di una trave che ti si schianta addosso. E quando la tensione è troppo alta, quando nella vita di Lelio irrompe un terribile dramma privato destinato a finire nel sangue, i rapporti, all’interno della squadra 9-C, inevitabilmente, ne risentono, l’amicizia va in crisi, gli individualismi emergono, gli interventi diventano meno coordinati, meno precisi. Ma la sorpresa di questo libro non è tanto nella descrizione, efficace fino allo spasimo, di autopompe lanciate a sirena spiegata, bambini imprigionati con le gambe spezzate, operai che soffocano all’interno di una betoniera o elettrizzanti corse per la vita. Per quello basta l’esperienza personale di Luca Cari. L’elemento più forte è la scrittura. Con forte determinazione narrativa, l’autore inchioda il lettore al testo con un ritmo affascinante e un’efficacia linguistica secca, nervosa, non eccessiva, non esagerata. In questo senso il libro si distingue nettamente da altri testi, più o meno autobiografici, o autoreferenziali di tanti membri delle forze dell’ordine che si alternano nelle librerie. Luca Cari sa raccontare e lo fa con maestria, senza alcun bisogno di continui riferimenti alla realtà brutale della cronaca, anzi, trasferisce le sue storie in un limbo impercettibile, in un mondo fatto di emozione dove non c’è bisogno di nomi o di date. Certo, molti lettori riconosceranno episodi che hanno visto per giorni in televisione o sui giornali ma l’intento di Cari è lontanissimo da quello di svelare retroscena o particolari di fattacci recenti o lontani come un crollo di una basilica Sacra nota a tutti, o l’incendio di uno stabilimento per l’olio in Umbria. Quello che conta, per lui sono le sensazioni indescrivibili di chi affronta la morte ogni giorno, la gioia selvaggia di salvare una vita, la rabbia, la delusione, lo sconforto del fallimento. È proprio questo, l’impotenza disperata che si prova di fronte a uno sguardo che si vela per sempre, a un cuore che smette di battere nonostante i disperati tentativi della rianimazione, che costringe il protagonista pompiere ad alzare i pugni al cielo nell’invocazione rabbiosa e disperata che dà l’efficacissimo titolo a questo libro, forte e indimenticabile: "Non sono Dio".
RACCONTI DAL TERREMOTO: PARLANO I VIGILI DEL FUOCO
Venerdì 9 settembre alle 18 al Museo la presentazione il libro “Non sono Dio” di Luca Cari. Parteciperanno il comandante Cusin e gli uomini intervenuti sui luoghi del sisma
MARTINA BASSI, LA GAZZETTA DI MANTOVA, 07/09/2016
MANTOVA. «I vigili del fuoco chiamano per nome le persone che soccorrono, per farle sentire esseri
umani degni di rispetto e non l'oggetto di un lavoro, com'è a volte negli ospedali o nei tribunali. E anche
loro chiamano i vigili del fuoco per nome, spesso facendogli male». La prima cosa che Lelio, pompiere
esperto, vuole sapere quando interviene per salvare una vita è il nome della persona. È la sua ossessione,
così come lo sono le facce di chi non è riuscito a salvare.
Il libro è "Non sono Dio. Cronache di pompieri e di fuoco nemico", scritto daLuca Cari, responsabile
dell'ufficio stampa dei vigili del fuoco. Non è un'autobiografia e neanche un vero e proprio romanzo:
sono storie, spaccati di vita di un pompiere in azione, che non sono mai realmente slegate tra loro, ma
sono unite da un filo conduttore che si delinea col proseguire della narrazione.
Questi episodi, a volte molto brevi, di interventi o di vita vissuta dal protagonista Lelio, caposquadra
della 9C, danno l'impressione di fotografie che catturano l'essenza del lavoro dei vigili del fuoco. Gli
interventi sono descritti in modo crudo e dettagliato, senza tuttavia risultare pesanti o poco
comprensibili per chi non è del mestiere, complici anche il ritmo incalzante e la semplicità di linguaggio.
Una parte importante in questo libro è lasciata alla descrizione della psicologia di Lelio, che si trova nel
pieno di una crisi umana che giorno dopo giorno si intensifica. Lelio sta «diventando sensibile al dolore
del suo lavoro», e questo è di ostacolo alla buona riuscita degli interventi. È vicino al burn-out: una condizione non rara tra chi sta molto a contatto con la sofferenza fisica e psicologica degli altri. La presentazione del libro sarà nell'ambito del Festivaletteratura, venerdì 9 settembre alle 18 al Museo dei vigili del fuoco. Saranno presenti anche il comandante dei vigili del fuoco di Mantova, Cristiano Cusin, e il suo gruppo di pompieri che, in queste settimane, erano nel centro Italia per dare una mano ai terremotati. Interverrà, oltre all'autore del libro, anche Paolo Boldrini, direttore della Gazzetta. Il romanzo è, infatti, strettamente legato alla cronaca, dal momento che alcune vicende vissute da Lelio prendono spunto da fatti realmente accaduti. Questa presentazione sarà anche l'occasione per parlare delle problematiche dei rapporti tra i responsabili delle comunicazioni degli enti e i giornalisti e delle modalità di informazione in uno scenario di emergenza. Cari parlerà, inoltre, anche dell’ultimo terremoto avvenuto in centro Italia.
«LA BAMBINA ERA VIVA». LA PAROLA AI SALVATORI
I vigili del fuoco raccontano la tragedia del sisma e gli interventi tra le macerie: «Il terremoto? Esperienza durissima condividere il dolore di chi non ha più nulla»
MARTINA BASSI, LA GAZZETTA DI MANTOVA, 10/09/2016
MANTOVA. «Abbiamo visto la gamba. L'ho toccata, era calda. Così ho chiamato il medico, ci ha pensato lui
a soccorrerla e a reidratarla, noi abbiamo ripreso subito i lavori per liberarla da là sotto». È il racconto
drammatico diClaudio Ippolito, il vigile del fuoco che durante il recente disastroso terremoto che ha colpito
Marche e Lazio, ha estratto dalle macerie di una casa di Pescara del Tronto e quindi salvato una bambina. Ieri
sera nell’ambito del Festivaletteratura è stato presentato il libro "Non sono Dio" di Luca Cari, responsabile
dell'ufficio stampa dei vigili del fuoco. Diverse le voci intervenute, oltre all'autore, tra cui quelle di Nicola Cusin,
comandante dei vigili del fuoco di Mantova e di due dei membri di un team Usar (Urban search and rescue),
intervenuti nel recente terremoto del centro Italia, Ippolito e Raffaele Ongaretto. E proprio il terremoto è stato
uno dei temi di cui si è discusso di più, con le testimonianze di chi quei momenti li ha vissuti. La squadra di
Ippolito non è nuova a salvataggi del genere, anche dopo il terremoto dell'Aquila lui e i compagni hanno
estratto dalle macerie una ragazza viva. Ongaretto ha raccontato quello che i pompieri provano in queste
situazioni. «Abbiamo emozioni anche noi, ma quando lavoriamo le schermiamo, così possiamo darci da fare
in modo efficiente. Finito quel momento però le emozioni si manifestano. Quando dopo il terremoto dell'Aquila
abbiamo estratto dalle macerie la ragazza e l'abbiamo consegnata ai sanitari, c'era da parte di tutti la voglia
di abbracciarsi e di gioire».
Le loro testimonianze riguardano anche la reazione della gente terremotata e i legami che si creano con i soccorritori. «Quando estraiamo i corpi dalle macerie la gente ci ringrazia – è ancora Ongaretto che parla – non ci ringraziano solo per le persone che tiriamo fuori vive, ma anche per i morti. Perché hanno un corpo su cui piangere». Sì perché non sempre i vigili del fuoco riescono a salvare le vittime di incidenti e catastrofi naturali. «Non sono Dio» è la risposta del protagonista all'impossibilità di salvare tutti, è uno stress psicologico fortissimo a cui anche ogni vigile del fuoco è sottoposto. E l'unica cosa che permette ai soccorritori di mantenere un equilibrio mentale è la condivisione con la squadra, con i compagni, soprattutto in caso di terremoto. «Sono interventi durissimi – spiega l’autore del libro – inizialmente l'adrenalina ti permette di continuare senza pensare, poi ti fermi ed elabori, e allora l'impatto è durissimo. Ti devi scontrare col dolore di persone che non hanno più niente».
COME UNA BOMBA DA UN AEREO
La prima creatura fuggì a braccia spalancate urlando posseduta dal demonio, completamente nuda e con una specie di vele penzolanti da sotto le ascelle fino alla metà del busto. Il fuoco l’aveva sciolta come una candela di cera, eppure correva, perché questo ti concedono le fiamme che ti bruciano vivo, di poterti muovere lo stesso e scappare verso la gente diventando l’incubo peggiore, da quello stesso istante fino alla morte.